Il progetto dei record
Se cercate in rete delle definizioni del Riachuelo, fiume che attraversa celebri quartieri di Buenos Aires prima di portare le proprie acque nel Rio de La Plata, scoprirete che nuotare nelle sue acque (parola di sub) è come nuotare in uno yogurt denso e nero. Si tratta, infatti, di uno dei corsi d’acqua più inquinati della Terra. Da secoli le sue acque sono il collettore di scarichi industriali, vi finiscono arsenico, cromo, rame, zinco e altri rifiuti tossici. Raccoglie anche le acque reflue delle case dei senzatetto sorte sulle sue rive. È senza mezzi termini: una gigantesca cloaca.
È sempre stato così, sin dall’epoca coloniale, quando già i macellai vi buttavano le frattaglie. Il prossimo anno dovrebbe però segnare l’inizio di un’inversione di tendenza. Un gigantesco progetto di risanamento finanziato da World Bank e governo argentino, metterà fine a uno dei più grandi scarichi a cielo aperto del mondo, capace di mettere in pericolo la salute di milioni di persone e l’intero ecosistema su cui si affacciano due delle principali capitali del Sud America: Buenos Aires e Montevideo. A dirigere i lavori è un ingegnere di Pini Group, Pierluigi Nionelli. L’abbiamo intervistato.
Cresciuto nella piemontese Val di Susa, ha lavorato per anni in Ecuador e altri paesi sudamericani. Dalle Alpi alle Ande, com’è avvenuto?
“Verso la fine degli studi in Ingegneria mineraria al Politecnico di Torino, ho iniziato a lavorare in Geodata per il cantiere del vecchio tunnel ferroviario del Frejus. Poi ho segutio un master in scavo meccanizzato nel 2006-2007 e poi ho iniziato a girare per Geodata: Cina, Brasile, Africa, Spagna. Seguivo la progettazione delle diverse fasi di cantieri prevalentemente sotterranei. Nel 2008 vinciamo una gara in Ecuador per la progettazione idroelettrica, si trattava di un campo nuovo e nel 2009 ho iniziato a fare su e giù dall’Ecuador”.
Poi i viaggi di ritorno si sono fatti col tempo meno frequenti…
“Sì, il progetto è proseguito sino al 2013, ma nel frattempo ho conosciuto mia moglie, anche lei è ingegnere, ma civile, si è laureata in Italia, a Milano, ma è cittadina dell’Ecuador”.
Siete rimasti in Sudamerica?
“Ho seguito per un anno il progetto della metro di Lima in Perù, poi è nato il nostro primo figlio e siamo tornati a Quito con un ruolo di managing director della succursale di Geodata che si occupava di Ecuador, Peru e Colombia”.
Quando siete arrivati in Argentina?
“Nel 2018, Geodata è diventata di proprietà cinese e mi sono spostato a Buenos Aires per seguire tutta la Latinoamerica (LATAM, ndr) e in particolare il progetto di risanamento del bacino del Riachuelo, di cui sono direttore lavori. Impegno che sto proseguendo, assieme a quello di Business Executive LATAM, ora che Geodata è stata rilevata da Pini Group. Tra i diversi progetti che stiamo seguendo vi sono la nuova linea della metro a Santiago in Cile e la progettazione di opere ferroviarie in Perù. Mentre in Brasile operiamo a San Paolo e seguiamo anche un progetto legato al nucleare”.
Come nasce in lei la passione dell’ingegneria mineraria?
“Ricordo che alle scuole elementari, quando avevo 8 anni, venne in classe il padre di un nostro compagno di un’altra classe per parlare del suo lavoro: era un ingegnere minerario. I suoi racconti mi affascinarono e io avevo già una passione per tutto ciò che era scavo e sotterraneo e iniziai a pensare che da grande avrei fatto quello. Perciò al momento dell’università, la scelta fu tra ingegneria mineraria e biotecnologie, altro mio interesse all’epoca”.
Ha girato molto il Sudamerica, che differenza ha notato tra la cultura andina e quella dell’area atlantica?
“Una delle caratteristiche del mio lavoro è di viaggiare molto, e io amo molto vedere come cambia la vita delle persone, le loro abitudini quotidiane nei diversi paesi. Posso dire che tra il serrano, cioè l’andino, e il porteño, chi vive nelle città della costa come Buenos Aires, ci sono ovviamente delle diversità. Sono però quelle che possono esserci in Europa tra chi vive tra le Alpi e chi abita in città portuali. In generale gli andini sono un po’ più chiusi, diffidenti, ma quando li frequenti trovi persone splendide, grandi lavoratori. Il porteño è più simpatico, più socievole e aperto, ma a volte meno affidabile lavorativamente parlando. A me piacciono entrambi, e soprattutto tra tutte le città amo Buenos Aires per il suo sapore europeo, anche la sua attuale decadenza può avere un certo fascino.
L’Argentina e Baires sono però da tempo in una crisi economica particolarmente grave.
Come la si percepisce da lì.
“L’Argentina è un paese con grandi risorse che però, a prescindere dalla parte politica al potere, non si vuole cercare di superare la debolezza economico-finanziaria. Il risultato è una iperinflazione che lo scorso anno è stata del 100% (e che in estate ha toccato un picco del 115,6%, ndr). Esci a comprare il latte che ieri costava 1 e non sai se lo pagherai 1,5 o se te lo venderanno perché non sanno che prezzo fare. È una situazione che pesa moltissimo sulla classe media e lavoratrice”.
Buenos Aires è una città pericolosa?
“Non più di altre grandi città. Dipende dalle zone. Io vivo a Puerto Madero con la mia famiglia e la qualità della vita è buona”.
E a livello di infrastrutture?
“Ci sono molti cantieri in corso, ma i finanziamenti dipendono sostanzialmente dagli organismi multilaterali ”.
Sta dirigendo i lavori di un grande progetto di risanamento finanziato dalla World Bank a Buenos Aires.
Di cosa si tratta?
“Io lo chiamo il progetto dei record perché ci sono vari record. È la prima volta che viene utilizzato un particolare tipo di macchina da escavazione in Sudamerica. Abbiamo scavato (WeBuild e Ghella con la direzione lavori di Geodata/Pini, ndr) il pozzo più profondo di Buenos Aires: 60 metri. Abbiamo realizzato circa 40 chilometri di tunnel e un centinaio di pozzi con diametri tra i 3 e i 60 metri. Abbiamo costruito un tunnel sotto il Rio de la Plata lungo 12 chilometri”.
A cosa si deve questo progetto di così grandi dimensioni?
“In sostanza, sin dalla sua fondazione, Buenos Aires ha scaricato i rifiuti industriali e quelli abusivi nel Riachuelo, che è diventata una delle 10 aree più inquinate al mondo. A inizio anni Duemila, una causa civile ha obbligato la città a intervenire. La Banca Mondiale è intervenuta a finanziare il progetto, che è iniziato nel 2017 e prevede di intercettare gli scarichi delle fognature esistenti, alcune risalenti anche a oltre un secolo fa, e portarle con un’unica condotta sotterranea a un impianto di depurazione. Da quest’ultimo poi si procede allo scarico del liquido pre-trattato a distanza dalla costa nel Rio de la Plata, sfruttando così l’effetto di diluizione”.
A che punto sono i lavori?
“Si sta finendo il terzo lotto, quello dell’impianto di trattamento. Le opere sotterranee sono terminate e nel 2024 si prevede la messa in funzione. È un intervento di cui beneficerà un’area abitata da circa 5 milioni di persone poiché l’acqua potabile di Buenos Aires è captata dal Rio de la Plata”.
Rio de la Plata in spagnolo significa fiume d’argento, negli ultimi secoli possiamo dire che lo è diventato anche di rame, zinco, cromo e altri metalli e inquinanti riversati nelle sue acque scaricando i liquami industriali nel suo affluente, il Riachuelo. Grazie all’intervento diretto dall’ingegner Nionelli si spera che dal prossimo anno, torni a splendere con riflessi argentei e metallici, solo metaforicamente.
Il rio con due nomi
Il Río Matanza nasce ad ovest di General Las Heras, in provincia di Buenos Aires, arrivato al ponte La Noria, lungo l’avenida General Paz, cambia nome e, sino alla foce, è chiamato Riachuelo. Sfocia nel Rio de la Plata tra il barrio porteño de La Boca e l’area portuale di Dock Sud. Il fiume e l’area circostante, conosciuta come Cuenca Matanza-Riachuelo o bacino di Matanza-Riachuelo, ospita il 23% dei residenti dell’area metropolitana di Buenos Aires e il 9,16% della popolazione totale del Paese.
Mare o fiume?
Il Río de la Plata è l’estuario formato dal fiume Uruguay e dal fiume Paranà. Il punto in cui i due fiumi si incontrano è largo circa 48 km, che aumentano a circa 220 laddove sfocia nell’oceano Atlantico dopo circa 290 km. Anche se appare sulle mappe come un golfo atlantico, in forza della portata d’acqua dolce proveniente dai due principali fiumi e dai loro affluenti, che impedisce il riflusso dell’acqua salata dovuto alla marea, il Rio de la Plata è oggi unanimemente considerato un fiume.